L'impegno politico
Un articolo di Maurizio Makovec sul Nuovo Corriere Viterbese del 25 settembre 2011, che si ripropone in estratto, ripercorre in estrema sintesi il pensiero e la carriera politica:
Pio Marcoccia, imprenditore di successo ed ex sindaco di Viterbo, rompe un lungo silenzio e si racconta in questa intervista tra pubblico e privato.
Intervistare Pio Marcoccia non è stato facile. E’ fuori dalla politica da oltre 20 anni, non concede interviste e dichiarazioni ufficiali da tempo ed all’inizio aveva alcune resistenze. Poi il mio personale lavoro ai fianchi e la sua cortesia innata hanno avuto la meglio ed un sabato mattina eccomi a casa sua. Dopo un buon caffè e dei freschi pasticcini generosamente offerti al cronista, passiamo alla visita del suo meraviglioso orto con vista mozzafiato sulle mura di Viterbo e sulla valle di Faul per poi recarci nel suo ufficio e cominciare il lavoro.
Quando ha iniziato a fare politica?
“Nel 1975, quando mi proposero di candidarmi come indipendente nelle liste della DC. All’inizio non ero convinto, anche per la resistenza della mia famiglia.
Poi accettai: ebbe molta influenza nella mia decisione l’ingegner Marabottini, un bravissimo professionista simpatizzante del partito che io stimavo molto. Il risultato fu inaspettato. Presi tantissimi voti, anche grazie
alla campagna elettorale di mio suocero, e divenni subito assessore alla cultura ed alla pubblica istruzione”.
E’ sempre stata una passione?
” Tutt’altro: pensavo di non amare la politica. Mi hanno motivato il desiderio di provare una nuova esperienza e l’occasione di poter fare qualcosa di utile per la mia città. Nel tempo è diventata una passione e lo è ancora oggi; seguo costantemente la politica a livello nazionale e locale, ma questo penso sia comune a tutti quelli che sono stati in prima linea”.
Perché nella DC: vocazione di famiglia o interesse personale?
” Allora ero molto giovane e capirai che non si può parlare di interesse personale. Come ho già detto, è stata la DC ad aver scelto me e non viceversa. Avevo già idee moderate, in fondo non lontane da quelle democristiane. Si erano consolidate più per reazione agli eccessi del 68′ all’interno della facoltà di architettura di Roma che per l’influenza della mia famiglia che invece era di destra. Presi la tessera della DC dopo qualche anno che facevo l’assessore. Poi ho anche vissuto con convinzione la vita di partito, ma durante tutta la mia militanza sono sempre stato più un amministratore che un politico”.
Come diventò Sindaco? Allora non c’era l’elezione diretta.
“Mi piace pensare che abbia influito il fatto che sia stato un buon assessore in più settori. Ma forse è stato determinante che io non avessi mai nutrito ambizioni di crescita politica. Già un paio di volte avevo manifestato l’intenzione di lasciare l’incarico di assessore perché soffrivano troppo del mio impegno politico la mia attività imprenditoriale e l’Ordine degli Architetti di cui sono stato a lungo presidente. Penso di essere diventato sindaco perché quando hanno deciso di giubilare Ascenzi, che invece e giustamente ambiva a una sua carriera politica, ero il candidato su misura: avevo dimostrato di non voler crescere politicamente, avevo un discreto curriculum ed ero un imprenditore che ne sostituiva un altro”.
Che difficoltà incontrò come sindaco?
“Diventato assessore a 29 anni, avevo accumulato una discreta esperienza in tutti i settori che mi ha permesso a meno di 40 di fare il Sindaco con serenità. Anche il mio bagaglio personale, la formazione, la mia professione sono state di grande aiuto. Nonostante la giovane età è stata invece molto dura fisicamente”.
Perché ha deciso di smettere?
” Sono sempre stato contro i professionisti della politica e non volevo diventare uno di loro. Ho riflettuto serenamente sul mio impegno politico e sull’opportunità che altri valori ed interessi che pure coltivavo nella vita privata potessero rivendicare il loro primato rispetto ad una esperienza politica che rischiava di diventare davvero totalizzante. Con il mio gesto ho riaffermato la necessità di dire no al primato della politica nella nostra esperienza di vita proprio perché, a mio parere, la politica deve essere alimentata ed illuminata dalla vita e dal senso che ciascuno ha della vita stessa. Ho capito poi di aver fatto molto bene anche per un altro motivo: il consenso sempre crescente intorno a me rischiava di farmi diventare un nuovo concorrente temibile per quelli che contavano più di me nel partito.. Quasi sicuramente avrei continuato a profondere tutte le mie migliori energie giovanili nella politica per poi essere giubilato senza preavviso come Ascenzi. Con la coscienza a posto per aver costruito molto, impostato altrettanto, e comunque per aver dato il massimo che potevo ho perciò fatto bene ad andarmene senza condizioni ed a tornarmene alle mie occupazioni. Credo di aver dato un buon esempio. Certo sono un uomo fortunato perché potevo permettermelo”.
Meglio la prima o la seconda Repubblica?
” Ho sperato tanto in una seconda Repubblica che purtroppo però ancora oggi non è nata, o perlomeno non è tanto diversa dalla prima. Anche perché sono ancora in prima linea tanti, troppi della prima Repubblica”.
Come vede Viterbo oggi come cittadino, come ex Sindaco e come imprenditore?
” Con ancora tante potenzialità, soprattutto se la politica saprà lavorare per cambiare la mentalità dei Viterbesi e per ridare alla città quella dignità di capoluogo di provincia che merita”.
Chi è stato il miglior Sindaco prima di Lei? e chi il migliore dopo?
” Gigli è stato un buon Sindaco, e poi ci ha lasciato un ottimo Piano Regolatore che , tutto sommato, nonostante il centro storico e lo scempio delle zone agricole, è riuscito a garantire una organica crescita della città sino ai giorni nostri. Ad oggi trovo assurdo che sia ancora in campo: è come se fosse malato di potere. Ascenzi è stato il migliore e più onesto amministratore che ho conosciuto prima di me. Pur essendo stato assessore ai lavori pubblici nella sua amministrazione, delle sue opere non ho condiviso la sistemazione provvisoria del parcheggio al sacrario per la visita del papa.
Quei lavori hanno contribuito a ritardare , e quindi a compromettere, la sistemazione definitiva della valle di Faul così come indicato nell’unico concorso di idee bandito dal Comune di Viterbo. Dopo di me ho votato tutti i sindaci che poi sono stati eletti, da Fioroni a Marini con la sola eccezione di Gabbianelli. So che significa fare il Sindaco e non mi sento di fare graduatorie.
Cosa ricorda con più passione della sua vita politica?
“Le grandi battaglie che si facevano ad ogni scadenza elettorale: Faticosissime ma entusiasmanti: E poi vincevo sempre, andavo fortissimo. Allora ero sempre in mezzo alla gente con cui mi capivo molto bene. Oggi sono un po’ più orso, forse per reazione”.
Che cosa vuol rivendicare , di importante per la città, opera della sua giunta?
” L’aver lavorato molto sull’immagine di Viterbo; sognavo una sorta di rinascita della città ed ero riuscito a gettare le basi per tutto questo: Viterbo andava riacquistando la dignità che le competeva per le iniziative di livello messe in campo dal Festival dei Festival a tanto altro. C’è stato un lungo vuoto prima che si arrivasse al cambiamento degli ultimi tempi con Caffeina ed altro. Nel campo delle opere pubbliche, mi piace ricordare come la forte capacità progettuale e la determinazione della mia amministrazione abbiano portato ad ottenere il finanziamento per la realizzazione in tre stralci funzionali del semianello, opera che si è dimostrata fondamentale per fluidificare il traffico della città”.
Che cosa, a posteriori, avrebbe voluto fare e non le è invece riuscito?
” La chiusura del Centro Storico e la sistemazione della Valle di Faul. Un vero peccato. Era tutto pronto, avevo lasciato proposte concrete e progetti approvati che poi sono stati fatti morire”.
Che futuro avrà Viterbo? Uno sviluppo simil toscano-umbro o sarà una perenne città provinciale con potenzialità mai sviluppate?
” Lo sviluppo di Viterbo dipende dalla classe politica ma anche e soprattutto dai Viterbesi. I politici potrebbero fare molto anche con poco, a cominciare dalle scelte senza portafoglio. Mi viene in mente per esempio la cosa più banale: lo spostamento del mercato settimanale che conferisce tanto un tono di paesone ad una città capoluogo. Anche i Viterbesi devono fare la loro parte, assecondando con coraggio e lungimiranza scelte ormai irrinunciabili. Mi riferisco nuovamente al traffico ed al Centro Storico”.
Favorevole alla chiusura?
” Favorevole senza condizioni”.
Perché pur essendo uno dei grandi imprenditori della Tuscia e uomo dal vasto patrimonio ha sempre tenuto un basso profilo una volta uscito dalla politica?
” Grazie per avermi definito grande imprenditore ma non lo sono. La nostra forza sembra più grande di quanto effettivamente è perché con i miei fratelli abbiamo sempre fatto tutto insieme e poi abbiamo sempre reinvestito nella città; abbiamo ritenuto giusto restituire qui ciò che avevamo ricevuto. Forse abbiamo sbagliato perché saremmo stati più apprezzati altrove e meno “pesati” qui. A Viterbo l’imprenditore viene troppo spesso considerato uno speculatore. Pur tenendo un basso profilo, sono sempre sotto una lente di ingrandimento. Figuriamoci se così non fosse stato”
Maurizio Makovec
CDal 1975 al 1980
Assessore alla cultura, servizi sociali e pubblica istruzione
QUALCHE FLASH ANCHE SULL’ESPERIENZA FATTA DAL 1975 AL 1980 CON LA DELEGA DI ASSESSORE ALLA CULTURA, SERVIZI SOCIALI E PUBBLICA ISTRUZIONE . IN QUEL PERIODO IL COMUNE COLLABORO’ ATTIVAMENTE ALLA NASCITA DELL’UNIVERSITA’ STATALE METTENDO ANCHE A DISPOSIZIONE L’IMMOBILE NECESSARIO AD OSPITARE LA FACOLTA’ DI AGRARIA, AVVIO’ LA SCUOLA MUSICALE COMUNALE ( 19 novembre 1979 ) POI RICONOSCIUTA CON PRESA D’ATTO DEL MINISTERO P.I. ( n°5296 del 10/6/1987 ) RIVOLUZIONO’ IL SISTEMA DI GESTIONE DELLE MENSE SCOLASTICHE E CREO’ IL SERVIZIO DI SCOLABUS PER LE CAMPAGNE.